IL TRADIMENTO E LA PROVA DELL’INFEDELTA’ NELL’ERA DEI SOCIAL NETWORKS

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e della Dr.ssa Vanessa Bellucci
In tema di separazione personale dei coniugi la normativa (art. 151 c.c.) prevede che su espressa richiesta di parte il giudice possa pronunciare la separazione con addebito a carico del coniuge che abbia adottato comportamenti contrari ai doveri matrimoniali.
La causa statisticamente più frequente di addebito è il tradimento che viola il dovere di fedeltà previsto ex art. 143 c.c. Ovviamente non è sufficiente che una parte deduca in giudizio il tradimento, dovendone anche fornire valido riscontro probatorio.
In tale contesto si inserisce la sentenza n. 456/2016 del Tribunale Civile di Roma.
Il caso è quello di una donna e moglie tradita che si reca innanzi al Tribunale per ottenere la separazione dal marito, con addebito a carico dello stesso. Nel ricorso introduttivo la Signora ha dedotto di aver appreso notizia del tradimento tramite un noto socialnetwork.
Il Giudice adito ha ricordato che, come sostenuto da conforme giurisprudenza (tra le altre Cass. 2059/2012; Cass. 14840/2006), ai fini della dichiarazione di addebito la ricorrente ha l’onere di provare sia la contrarietà dei comportamenti della controparte ai doveri matrimoniali, che il nesso causale tra i suddetti comportamenti e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza; il giudicante ha ulteriormente specificato che, essendo tuttavia la violazione dell’obbligo matrimoniale di fedeltà così grave da determinare normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, una volta provato, giustifica di per sé l’addebito della separazione al coniuge responsabile (Cass. 21245/2010).
Nel caso di specie la ricorrente ha ampiamente provato il tradimento del coniuge, tramite produzione documentale (fotografie allegate al ricorso) ed in sede di istruttoria (a mezzo di prova testimoniale). Il marito fedigrafo, peraltro, ha senza dubbio aiutato la coniuge a trovare le prove della sua condotta; lo stesso ha infatti scelto di dichiarare il suo amore all’amante su un noto socialnetwork, rendendolo così di pubblico dominio.
Pertanto, il Giudice alle cui cure è stato affidato il caso, non ha potuto far altro che pronunciare la separazione con addebito al marito per violazione del dovere di fedeltà, tenuto conto anche delle modalità con cui è stata intrattenuta la relazione extraconiugale che hanno comportato l’offesa della dignità e dell’onore della ricorrente.
Da un’analisi normativa della questione in esame si posso trarre le seguenti considerazioni.
Il coniuge che ha subito il tradimento, ove la lesione della dignità e dell’onore integrino gli estremi della clausola generale di responsabilità aquiliana (art. 2043 c.c.), ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno subito. Si badi bene però che il risarcimento non è insito nella violazione del dovere di fedeltà, di cui, anzi, la giurisprudenza nega la possibilità risarcitoria; il diritto al risarcimento nasce piuttosto dalla violazione dell’onore e dignità di una persona, in osservanza del principio generale del neminem laedere.
Inoltre è opportuno rilevale che il coniuge cui viene addebitata la separazione subisce delle rilevanti conseguenze di natura economica. In primo luogo, non avrà diritto al mantenimento, ma ove ne ricorrano gli estremi, soltanto agli alimenti; la normativa in materia (art 156 c.c.) stabilisce, infatti, che il giudice può disporre un assegno di mantenimento soltanto in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione. In secondo luogo, perderà ogni diritto ereditario nei confronti dell’altro coniuge e avrà diritto a ricevere un assegno vitalizio (ove ne ricorra l’effettivo bisogno) soltanto nei casi in cui sia titolare di un assegno alimentare. Infine, perderà diritto ad ottenere la pensione di reversibilità salvo, anche in questo caso, che sia titolare di un assegno alimentare.

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