PADRI SEPARATI – RAPPORTI PADRE FIGLIO, SEPARAZIONE CONDANNA DELLA MADRE

PADRI SEPARATI: dell’Avvocato Maria Luisa Missiaggia e Cristina Mazzei

Il fatto

Silvia e Mario, matrimonio ventennale, Luca il loro figlio affetto da un’anomalia genetica, adesso dodicenne, divorziano.

Luca è affidato ad entrambi, vive stabilmente con Silvia e frequenta il padre Mario come quanto stabilito dal Tribunale. Pur non impedendo gli incontri tra i due, Silvia non perde mai l’occasione di parlare male di Mario in presenza del figlio mettendolo in cattiva luce con quest’ultimo e anche rendendolo “capro espiatorio” della disabilità di cui è affetto . Così Luca si allontana sempre di più dal padre e si allentano i rapporti tra i due.

Silvia successivamente non ha posto in essere alcun comportamento propositivo per tentare di riavvicinare i due, ma al contrario ha continuato ad alimentare il dissidio. Di conseguenza, ha impedito al rapporto padre-figlio di prendere una direzione verso un recupero necessario per la crescita equilibrata di Luca, già resa complicata a causa della sua malattia.

Qual è la responsabilità di Silvia nella vicenda? Quali rimedi può attuare Mario per ristabilire il rapporto con Luca e inibire il comportamento di Silvia? Come si può tutelare l’interesse del minore? Quali sono i profili giuridici sottesi alla vicenda in materia di responsabilità genitoriale?

 

Il Diritto

La responsabilità genitoriale è stata introdotta con il d.lgs. 154/2013 e ha sostituito la vecchia potestà dei genitori. In particolare, il Capo II del libro I del codice civile rubricato “Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio” ha lo scopo di disciplinare in maniera uniforme la responsabilità genitoriale in casi particolari.

L’art. 337 ter cc afferma infatti che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole valutando l’interesse morale e materiale e infatti stabilisce la possibilità di affido condiviso ovvero di affido ad un genitore e la presenza presso ciascuno di essi.

Ancor prima con la l. n. 54/2006 vi è stata una profonda innovazione in materia di adempimento delle disposizioni riguardante la attuale potestà genitoriale e le modalità di affidamento dei minori. Prima del 2006, in caso di inadempimento di un provvedimento giudiziale o consensuale omologato dal Tribunale in materia di affidamento dei minori si doveva agire unicamente mediante l’esecuzione forzata.

L’art. 709 ter del c.p.c. prevede, infatti, che per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso.

Su ricorso il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In particolare il giudice può nel caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può non solo modificare i provvedimenti in vigore, ma anche e congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni ai padri separati, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

Il richiamato articolo infine afferma che i provvedimenti assunti dal giudice sono impugnabili secondo le modalità ordinarie.

Ebbene, attivando il meccanismo sanzionatorio previsto dal richiamato articolo nel caso di specie, il Tribunale di Roma con una recente sentenza (n. 1877/2016) ha condannato la madre al pagamento di 30.000 euro a titolo di risarcimento del danno ex art. 709 ter c.p.c. per il protrarsi della condotta materna contraria al rispetto del ruolo genitoriale dell’ex coniuge. Il giudice ha inoltre invitato la madre ad astenersi da ogni comportamento negativo e denigratorio nei confronti del padre del bambino. Si riserva in oltre di applicare nel caso di persistenza di tale condotta, di applicare sanzioni più gravi, ivi compresa la revisione delle condizioni dell’affido.

Studiodonne con l’Avvocato Missiaggia

Studiodonne e Maria Luisa Missiaggia Avvocato specializzato nella famiglia è lo Studio Legale che garantisce anche i padri e comunque il genitore penalizzato nella separazione e divorzio.

Percorsi alternativi al conflitto, strutturazione della persona e cura della dipendenza affettiva epr evitare di usare i figli strumentalizzandoli a proprio vantaggio.

 

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