Una recente sentenza del Tribunale di Milano si è pronunciata negativamente sulla richiesta di addebito della separazione formulata da un marito nei confronti della moglie per eccessiva ossessione di tipo religioso.
Il caso, apparentemente, è quello tipico di una separazione tra coniugi per sopravvenuta intollerabilità della convivenza. Marito e moglie sono due ferventi religiosi, ma l’uomo presenta ricorso al Tribunale Meneghino perché sostiene che dal 2007 la fede della moglie si è trasformata in un’ossessione dando origine alla crisi coniugale. L’uomo narra di comportamenti inspiegabili tenuti dalla coniuge, definendoli “demoniaci”, che hanno reso insostenibile la prosecuzione della convivenza e portato alla formulazione della domanda di addebito della separazione.
Conseguenza giuridica dell’addebito della separazione è la perdita del diritto all’assegno di mantenimento, permanendo soltanto il diritto agli alimenti nei soli casi in cui ricorra lo stato di bisogno.
Analizzando il caso loro sottoposto, i giudici milanesi si sono subito resi conto della particolarità della vicenda. Infatti, i testimoni ascoltati in udienza, tra cui un parroco e un frate, hanno raccontato di episodi tendenti al paranormale, la cui protagonista era la moglie del ricorrente; i fatti riportati narrano di “irrigidimenti e convulsioni”, anche di strani “episodi di forza sovraumana” che hanno impressionato anche lo stesso parroco della chiesa cui è solita recarsi la donna.
La personalità atipica della signora ha reso necessario sottoporre la stessa ad una adeguata perizia psichiatrica al fine di evidenziarne eventuali patologie. All’esito della consulenza tecnica richiesta dai giudici, tuttavia, non è emerso nulla di insolito a livello medico, tanto che il professionista incaricato della perizia dichiarava che la donna non era “affetta da alcuna conclamata patologia tale da poter spiegare i fenomeni”.
I giudici, probabilmente un po’ imbarazzati e confusi sul da farsi, hanno ben ritenuto che gli episodi narrati fossero tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza e dichiarato la separazione dei coniugi, ma senza alcuna pronuncia di addebito alla moglie.
L’art 151 c.c. dispone che, ai fini dell’addebito della separazione, il soggetto debba porre in essere comportamenti contrari ai doveri nascenti dal matrimonio.
La motivazione sottesa alla decisione dei giudici trova fondamento nell’assenza del requisito dell’imputabilità soggettiva dei suddetti comportamenti alla donna. Sostengono i giudici che la stessa “non agisce consapevolmente” ma “altrettanto chiaramente è agita”; con tale termini hanno voluto indicare che la donna fosse mossa da una forza esterna e che i suoi comportamenti fossero conseguenza e non causa della sua estrema spiritualizzazione.
I giudici hanno ritenuto quindi che la separazione non potesse essere addebitata alla moglie per difetto del requisito soggettivo; anzi, stante la mancata addebitabilità della separazione alla signora, hanno disposto anche che il marito corrispondesse alla stessa un assegno di mantenimento.