Minacce “virtuali”? Legittimo l’allontanamento dell’ex indagato per stalking

Il Caso

La donna era reiteratamente minacciata e molestata con continue e asfissianti comunicazioni avvenute a mezzo telefono, FB e Whatsapp che le avevano cagionato un perdurante stato di ansia e paura.

Il G.I.P. all’esito della querela presentata dalla donna aveva applicato all’ex marito la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla moglie. La stessa misura aveva ottenuto conferma da parte del Tribunale del riesame.

L’imputato impugna il provvedimento in Cassazione rilevando come le minacce lui ascritte non si erano mai concretizzate e si sarebbe comunque trattato di un solo episodio risalente a un anno e sette mesi prima dall’adozione della misura cautelare. Soggiunge che, prima della separazione, non vi era stato alcun comportamento negativo da parte sua.

La decisione

È legittima l’applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento nei confronti dell’ex marito, indagato per stalking anche solo virtuale nei confronti della moglie.

A fondamento del provvedimento vengono posti i minacciosi e insistenti messaggi inviati alla moglie sul cellulare e sui social, divenuti ancora più asfissianti dopo la separazione e la scoperta della nuova relazione di lei con un altro.

Ininfluente per la Cassazione, sotto il profilo degli indizi ex art. 273 c.p.p., il fatto che le minacce siano rimaste puramente “virtuali” senza mai concretizzarsi in reati ulteriori.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 21693/2018 riguardante l’ordinanza, confermata dal Tribunale del Riesame, con cui il G.I.P. aveva applicato all’ex marito la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla moglie.

La Cassazione sulla scorta dei dati indiziari tratti dal racconto della moglie, ritenuto credibile, ha ripercorso i fatti salienti oggetto dell’accusa ossia i plurimi messaggi offensivi molesti e minacciosi indirizzati dal marito alla stessa nel considerevole periodo indicato in querela (dal gennaio 2016 all’aprile 2017) e nelle successive dichiarazioni, ha ritenuto sussistente il reato di “stalking virtuale”.

La Corte ha altresì evidenziato come l’atteggiamento persecutorio e le condotte minacciose del marito avevano causato nella moglie un evidente stato di timore.

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